Collezionista?

“Una delle mie più care cose che io abbia avuto et che abbia è il mio studio dal quale mi sono proceduti tutti li honori e tutta la stima della mia persona. Il quale intendo che sia non solamente dove sono i libri, ma tutto quello che contengono le quattro stanze delli mezadi dove io sto ordinariamente, dove vi sono cose esquisite, et tali che chi ben non le considera non le potrebbe creder, così dei libri a stampa come dè scritti a penna, instrumenti mathematici e mecanici, statue così di marmo come di bronzo, pitture, minerali, pietre secrete et altro, le qual tutte cose sono state raccolte da me con grandissimo studio e fatica, però voglio anco che sii conservato et augmentato, acciò che i nostri posteri possano goder e sentir beneficio da queste mie fatiche”.

Jacopo Contarini, Venezia 1 luglio 1596

Testamento di Jacopo Contarini in G. Valentinelli, Marmi Scolpiti Del Museo Archeologico della Marciana di Venezia, Aldina, Prato, 1866, pp. XVII – XVIII

L’impronta dell’anima

La collezione può definirsi una sorta di specchio, in cui il collezionista ricerca se stesso, insegue i suoi sogni e consacra i suoi valori. In questo senso la collezione rappresenta l’impronta della psiche, frutto del gusto e della sensibilità intellettuale e appare come un grande mosaico, dove ogni singola opera concorre alla realizzazione di un’immagine unica che si ricompone in un messaggio complesso e carico di senso.

Da sempre guardare un’opera d’arte è un esercizio benefico, un piacere che arricchisce la mente di nuove aeree di percezione, ma anche un salutare balsamo per lo spirito e quindi collezionare è la sublimazione della personalità che nell’opera d’arte si confronta e si consolida. Ma questo rapporto non è semplicemente individuale in quanto il collezionista con la sua ricerca e con le sue preferenze concorre a sostenere lo sviluppo culturale della società.

Il ruolo del collezionista infatti non si esaurisce nella creazione della collezione ma continua ben oltre la dimensione personale del suo diletto per connettersi a tutto l’universo della creatività,  specialmente in un tempo – come quello presente – dove predomina l’effimero e la spettacolarizzazione a tutti i costi. Lo sviluppo della collezione allora diventa un fattore etico, collegato alla sensibilità personale e in connessione con il mondo.

L’arte senza mecenati, senza collezionisti, senza appassionati, sarebbe impossibile; collezionare significa esaltare la libertà dello spirito e sostenerne la sua espansione.